• Chiesa solidale della Caritas Diocesana di Tortolì e Lanusei
immagine La marcia per la pace 2017

la XXXI Marcia della Pace ACCOGLIERE, PROTEGGERE, PROMUOVERE E INTEGRARE",
OZIERI, 16 DICEMBRE 2017
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Presentata nella sala stampa del Seminario Arcivescovile di Cagliari, in via mons. Cogoni 9, la XXXI MARCIA DELLA PACE promossa dalla Diocesi di Ales-Terralba, attraverso la Caritas diocesana, e organizzata dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, in collaborazione con il CSV Sardegna Solidale. Alla macchina organizzativa quest’anno si aggiungono la Diocesi di Ozieri e il Comune di Ozieri. La XXXI Marcia della Pace, avrà come motto le quattro parole di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante (14 gennaio 2018) Accogliere, Proteggere, Promuovere e Integrare, richiamate anche nel Messaggio per la 51esima Giornata Mondiale della Pace Migranti e Rifugiati, uomini e donne in cerca di pace. Un tema concreto – come sottolineato da mons. Arrigo Miglio, presidente della Conferenza Episcopale sarda – che ha il volto di persone, migranti e rifugiati, uomini e donne in cerca di pace, che ci aiutano a capire il concetto di pace, costituendo un valore aggiunto per la nostra società.

Il filo conduttore sarà quello dell’inclusione: i temi centrali povertà, giovani, migranti. La marcia vedrà il coinvolgimento di centinaia di associazioni, delle istituzioni, del mondo del lavoro, della cultura, di quello ecclesiale, come sottolineato da don Angelo Pittau, promotore della Marcia e direttore della Caritas di Ales -Terralba, che – dopo aver ricordato la storia della Marcia lunga 31 anni, nata con l’obiettivo di favorire il dialogo nella società civile in Sardegna – ha invitato tutti a mobilitarsi per parlare di pace e per promuovere una società inclusiva nel segno dell’accoglienza.

A ospitare la Marcia, sabato 16 dicembre 2017, sarà la Diocesi di Ozieri, la diocesi più piccola dell’Isola, che costituisce un segno di integrazione e ospitalità; un territorio che cerca di unirsi in sinergia con le istituzioni, in prima linea da alcuni anni nell’accoglienza dei migranti, come sottolineato dal vescovo di Ozieri mons. Corrado Melis e come ribadito dal sindaco di Ozieri Marco Murgia. Quest’ultimo ha ricordato che nel territorio esistono due Centri di accoglienza straordinaria per migranti, e che il Comune ha presentato domanda per aderire allo SPRAR (Servizio Protezione Richiedenti asilo e rifugiati), nella convinzione che la “microaccoglienza”, dia maggiori garanzie per i migranti e per la stessa comunità che accoglie, con l’obiettivo di aiutare la società a non chiudersi in se stessa ma ad essere più inclusiva. Una Marcia di ampio respiro, come ricordato dal delegato regionale Caritas don Marco Lai “si può pensare alla pace solo senza limiti territoriali, in una dimensione universale”. Ospiti testimoni di pace saranno mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e dott. Marco Impagliazzo, presidente della stessa Comunità.

Attenzione particolare sarà dedicata ai giovani, che saranno i protagonisti della mattina del 16 dicembre, data scelta proprio per coinvolgere gli studenti che, dopo la fase formativa, parteciperanno alla Marcia. L’appuntamento della mattina è alle ore 10, al Palazzetto dello Sport, ad Ozieri, in via San Leonardo: oltre un migliaio di studenti delle scuole superiori di tutta l’Isola parteciperanno all’evento “Una scuola che accoglie: cambia musica, scegli di essere un volontario”, che sarà coordinato da Giampiero Farru, presidente del CSV Sardegna Solidale che ha patrocinato la Marcia e vedrà le testimonianze di giovani sardi e migranti, oltre a momenti di formazione e animazione.

Si proseguirà il pomeriggio con la Marcia: alle ore 15 il raduno in Piazza San Leonardo, con i saluti di mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato della Conferenza Episcopale sarda per il servizio della Carità; di mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri; con la preghiera introduttiva guidata da mons. Roberto Carboni, vescovo di Ales – Terralba; e con la partenza della Marcia. Alle ore 16 è previsto l’arrivo in piazza Garibaldi, con i saluti del sindaco Marco Murgia, del delegato regionale Caritas don Marco Lai e del presidente del CSV Sardegna Solidale Giampiero Farru. Seguiranno le testimonianze di mons. Angelo Becciu, Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo; le conclusioni saranno affidate a don Angelo Pittau.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2018

 

Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace

1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale,[1] è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».[2] Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.
Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento».[3] Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.[4]

2. Perché così tanti rifugiati e migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”»,[5] che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire».[6] Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».[7]
La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.[8]
Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.

3. Con sguardo contemplativo
La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».[9] Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia»,[10] in altre parole realizzando la promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso»,[11] considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati.

4. Quattro pietre miliari per l’azione
Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.[12] “Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo».[13] “Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova».[14]
“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto».[15]
“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».[16]

5. Una proposta per due Patti internazionali
Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza. Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della comunità internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi necessari.
La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti di azione[17] quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in molteplici sue opere fino ai nostri giorni.

6. Per la nostra casa comune
Ci ispirano le parole di San Giovanni Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa comune”».[18] Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile. Tra costoro va annoverata Santa Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario della nascita al cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua intercessione il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace».[19]

Dal Vaticano, 13 novembre 2017
Memoria di Santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti

  Francesco

[1] Luca 2,14.
[2] Angelus, 15 gennaio 2012.
[3] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
[4] Cfr Luca 14, 28-30.
[5] Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 3.
[6] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2013. [7] N. 25.
[8] Cfr Discorso ai Direttori nazionali della pastorale per i migranti partecipanti all’Incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), 22.09.2017.
[9] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011.
[10] Esort. ap. Evangelii gaudium, 71.
[11] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
[12] Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017.
[13] Ebrei 13,2.
[14] Salmo 146,9.
[15] Deuteronomio 10,18-19.
[16] Efesini 2,19.
[17] “20 Punti di Azione Pastorale” e “20 Punti di Azione per i Patti Globali” (2017); vedi anche Documento ONU A/72/528.
[18] Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2004, 6.
[19] Giacomo 3,18.

 
  • "Apri i nostri occhi, Signore, perché possiamo vedere Te nei nostri fratelli e sorelle. Apri le nostre orecchie, Signore, perché possiamo udire le invocazioni di chi ha fame, freddo, paura, e di chi è oppresso". (Beata Madre Teresa di Calcutta)

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